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Mag 29
2024

Il prestigioso riconoscimento assegnato al Numero 10 con ascendenze marchigiane per la straordinaria carriera rugbistica nazionale e internazionale

in collaborazione con Ufficio Stampa FIR Marche/Università di Urbino

 

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Martedì 28 maggio 2024: la data in cui il rettore dell'Università di Urbino, Giorgio Calcagnini, ha consegnato il Sigillo di Ateneo a Diego Domínguez, leggenda del rugby internazionale, considerato il mediano di apertura più forte di tutti i tempi.

In breve è stata ripercorsa la sua storia sportiva con i colori della nazionale italiana che, nel 2000, grazie anche al suo talento, conquista l'ingresso al Torneo Cinque Nazioni, poi denominato Sei Nazioni. Dal 2000 al 2003 partecipa a quattro edizioni di questo storico campionato e gioca tre Coppe del Mondo. Domínguez conclude la carriera allo Stade Français, con cui vince quattro titoli di Campione di Francia. Nel 2004 dà l'addio allo sport della palla ovale.

"Numeri record disegnano la parabola ascendente dell'ex numero 10 italo-argentino. Ad oggi - ha detto il rettore dando lettura delle motivazioni del riconoscimento - è considerato l'ottavo miglior marcatore internazionale della storia del rugby a 15, il secondo a raggiungere i 1.000 punti; il terzo miglior realizzatore di sempre del massimo campionato italiano. Ha inoltre al suo attivo un titolo di Campione Sudamericano con l'Argentina, uno di Campione Europeo con l'Italia, ed è stato convocato due volte nei Barbarians: la selezione dei migliori giocatori di rugby al mondo".

 

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"Le Marche - ha detto Diego Domínguez nel ricevere il Sigillo - sono casa mia, ho sempre saputo e sentito questo quando mia madre mi raccontava la sua storia da Matelica a Buenos Aires, come tanti emigranti in cerca di una vita migliore. Il senso di appartenenza è uno di quei valori forti che avrei apprezzato di più negli anni della mia carriera. Non vinci se i colori del tuo club non sono quelli di una famiglia, se non ti senti la maglia cucita addosso, se non condividi con i compagni sentimenti profondi, senza spirito di squadra". Sui valori dello sport Domínguez ha aggiunto: "Quelli del rugby sono unici, i soldi e gli interessi intorno alla palla ovale non l'hanno trasformata. Come dico sempre ai giovani si gioca con le mani, con i piedi ma soprattutto con la testa e il corazón".

Come è stato sottolineato i meriti sportivi non sono l'unica ragione del Sigillo: "Diego Domínguez - è stato un altro passaggio letto dal rettore Calcagnini - si è distinto per talento e tecnica, per intelligenza tattica e dell'anima. Pensiero veloce, azione veloce, controllo, coraggio, generosità, fair play. Una grandezza che continua a esprimersi nella seconda vita professionale del campione, attualmente commentatore per Sky Sport e, soprattutto, allenatore e promotore di progetti dedicati ai giovani delle periferie del Paese, da Scampia a Quarto Oggiaro. Iniziative che, attraverso l'insegnamento del rugby e la creazione di campi e strutture ad hoc, fanno leva sullo sport come fattore di aggregazione sociale e fondamentale occasione di crescita".

Proprio sulla capacità di Domínguez di promuovere temi sociali attraverso lo sport si sono chiuse le motivazioni: "Inclusione, educazione e formazione ispirano nondimeno i rugby camp che coordina negli istituti penali italiani per minorenni, dal carcere minorile Beccaria di Milano al Fornelli di Bari, con l'obiettivo di trasmettere i valori della solidarietà, della disciplina, dello spirito di squadra e di sollecitare speranza e desiderio di reinserimento nei giovani in stato di detenzione".

 

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"L'aggressività fuori dal campo - ha spiegato a tal proposito Diego Domínguez nella sua lectio magistralis - devia la vita di tanti ragazzi che non hanno ricevuto un'educazione. Il rugby mi è servito, soprattutto nella seconda parte della mia carriera, per cercare di aiutare chi ha preso la strada sbagliata, per fargli capire che anche la frustrazione può essere incanalata positivamente. Nelson Mandela - ha proseguito - ha usato il rugby per unire un Paese. Lo sport degli altri, di chi ha costruito l'apartheid è diventato lo sport di tutti. Mandela diceva che lo sport può cambiare il mondo. Io penso che abbia la forza di migliorarlo. Per questo mi impegnerò per incrementare le ore di sport nei programmi scolastici italiani". Infine ha concluso: "Porterò con me questo momento come uno dei più belli della mia vita".