Due mamme che parlano delle loro figlie, di cosa rappresenti il rugby nella loro vita, e di come i giorni vissuti assieme ad oltre 200 ragazze e ragazzi da tutta Italia abbiano lasciato memorie indelebili tra cuore e testa.
DALLA PUGLIA, LA MAMMA DI ANGELICA
"Buon pomeriggio a tutti ❤️.... Chiedo in anticipo scusa per il tempo che vi ruberò ma è doveroso per me scrivere questo messaggio.
Ricordate il video che le ragazze hanno fatto quest'estate, bene... Angelica andò spedita,sapeva perfettamente cosa dire e lo disse con entusiasmo e disinvoltura...
Io personalmente nn capivo, mai l'avevo vista cosi entusiasta (e posso assicurarvi che di sport ne ha fatti milioni), ma i suoi occhi brillavano e brillano (oggi in particolar modo) di felicità, perché oltre allo sport si è trovata in una grandissima famiglia, con ragazze che le vogliono bene e dove lei è LIBERA...
LIBERA di essere semplicemente se stessa perché è stato questo sport, questa grande squadra a far migliorare incredibilmente il suo quotidiano e le ha permesso di ritrovare motivazioni che aveva perso. Questa opportunità che le è stata concessa è strepitosa, e per sempre le resterà nel cuore, perché lo sport è si sacrificio, impegno "come nella vita", ma è anche divertimento, entusiasmo, collaborazione, appartenenza, motivazione, autostima, rispetto, e potrei continuare all'infinito ma non vorrei tenervi fino a domani 🤣🤣 lo spot dà possibilità incredibili per migliorare il proprio quotidiano, basta mettere assieme ragazze e ragazzi, un campo, una palla e via, il gioco è fatto, il divertimento è assicurato.
Non esistono giudizi, esiste solo il divertimento. È questo che è successo in Basilicata, ragazzi da ogni dove tutti diversi ma con lo stesso ❤️, la stessa voglia di divertirsi, la stessa voglia di stare insieme, di formare squadra... la stessa voglia di conoscere nuove persone...😍.
Per questo io dico GRAZIEEEE... Grazie a voi che tanto vi impegnate per queste ragazze e ragazzi che sono il nostro futuro, peché ora si formano le Donne e gli Uomini di domani.
Con tutto il cuore, grazie".
DALL'ABRUZZO, LA MAMMA DI ANNA
"Si può forzare un sorriso? Stavolta parlo di me.
Ho una figlia di 12 anni. Da quando è piccola fa nuoto. Quando aveva 8 anni ci siamo trasferiti in un'altra città e lei ha avuto numerosi problemi di socializzazione. C'è da dire che il periodo della pandemia non ha aiutato. Comunque, alla fine della quinta elementare sento di dover intervenire, e quindi le dico “dal prossimo anno devi scegliere uno sport di squadra”.
Lei inizialmente si oppone, poi acconsente. “Voglio fare rugby”, mi dice. “No, rugby no, ti fai male.“ rispondo. E così la porto a fare numerose prove. Alla fine però “Mamma voglio fare rugby”.
Grazie al papà, che psicologo non è ma in molti casi rimane un genitore più capace di me, uno di quelli che danno fiducia ai propri figli non perché sono i suoi figli ma perché ci crede davvero, lei comincia la sua avventura in una squadra mista di rugby. Dove è l'unica femmina.
Piano piano il mercoledì e il venerdì diventano i suoi giorni preferiti, quelli che aspetta per tutta la settimana, quelli in cui si sbriga a fare i compiti. È motivata, si vede e si percepisce. È felice.
È motivata non solo per lo sport in sé, ma questo lo capisco solo dopo, è motivata per quello che quello sport le ridà indietro in cambio del suo impegno. In cambio delle alzate la domenica mattina presto, delle ginocchia perennemente sbucciate (lei che aveva paura anche del dentista), dell'arnica ad ogni contusione, del fastidio del paradenti, dell'essere l'unica femmina in una squadra di tutti maschi. È motivata dall'ambiente. Dal clima che intorno e dentro a quel campo si respira.
Piano piano anche noi cominciamo ad entrare in questo mondo, anche grazie alla società e a tre magnifici allenatori che la guidano e la confortano anche quando lei si scoraggia.
Gradualmente anche il suo modo di essere fuori dal campo cambia. Non so quanto abbiano influito altri fattori, ma so di certo che nella sua apertura verso il mondo ha influito questo sport e il modo che si ha di viverlo. La rivalità che termina a fine partita, per dare spazio ad una fratellanza che va ben al di là del colore della maglia. Insomma, Anna sboccia anche grazie a questo sport che, fosse stato per me, probabilmente non avrebbe mai praticato.
Anna è appena tornata da un trofeo di quattro giorni durante il quale è stata senza mamma e papà, ma si è sentita comunque parte di una famiglia. Anna è tornata quasi completamente senza voce ma con gli occhi che le si inumidiscono quando racconta dei giorni passati.
Anna è tornata anche stavolta, grazie a questo sport, arricchita di qualcosa che né io né la scuola avremmo mai potuto darle.
E allora mi piace pensare che prima di ringraziare tutti quelli che l'hanno aiutata in questo percorso devo ringraziare lei, perché si è autodeterminata, perché si è imposta quando io non la credevo in grado di sbocciare, perché ha fatto una scelta sapendo bene cosa le serviva molto più di quanto lo sapessi io.
Anna ha fatto tutte le foto di questi giorni con espressione seria, perché è dentro con tutte le scarpe a quella fase di vita che chiamiamo adolescenza, nella quale si racconta che viene malissimo nelle foto se sorride. Ma la sua espressione quando è tornata a casa era questa. Quella di un sorriso che difficilmente puoi contenere, quella di un sorriso che sboccia dentro prima di affacciarsi sulle labbra.
Un sorriso nel quale sono caricati i suoi quattro giorni appena passati.
Si può forzare un sorriso? Solo quando nasce da dentro ed è talmente potente che ormai non ce la puoi fare a contenerlo".