Capita che in Sardegna, a Sassari, il rugby possa essere uno sport più difficile che da altre parti.
No, il riferimento non è alla fatica, alle botte, alla durezza degli allenamenti: molto più semplicemente, alla possibilità di giocarlo su un terreno adeguato e non itinerante, magari anche con una club house nei pressi…
Claudio Pistidda, per anni giocatore dell'altra squadra cittadina, il Rugby Sassari, è il fondatore e l’anima del Bulldog Rugby Sassari, una realtà nata nel 2008. La sua è una storia di passione vera, di una visione ben precisa e di un sogno sembrato più volte a portata di mano, ma fin qui invece puntualmente sfuggito quando tutto sembrava destinato al finale tanto atteso…
“Il Club (che prende il nome dall’altra grande passione del suo fondatore, per l’appunto i bulldog, ndr) è una grande famiglia, attualmente possiamo schierare tutte le categorie dall’Under 5 ai Seniores sia maschile che femminile, contando per di più anche sul settore rugby integrato per persone con disabilità” racconta con tono appassionato Pistidda. “Complessivamente abbiamo circa 200 persone impegnate nelle nostre attività, tra giocatori, tecnici e dirigenti: considerate le condizioni in cui operiamo, una specie di miracolo”.
Già, le condizioni… Le squadre sono costrette a suddividersi in tre campetti sportivi differenti, la prima squadra di Serie C si allena due volte a settimana in un impianto dove non è consentito fare mischie e contatto fisico per non rovinare il terreno, come imposto proprio dalle “condizioni” di utilizzo. Un altro era dentro l’ippodromo, ma anche lì la concessione è scaduta, e dal 31 maggio il rugby è fuori.
“E dire che già nel 2011 avevamo presentata in Comune la richiesta per poter utilizzare dei terreni pubblici dismessi a ridosso dell’area dei Centri Commerciali”, prosegue il Presidente del Club sardo. “Territorio perfetto per le nostre esigenze: ben servito dai mezzi, parcheggi facili, avremmo riqualificato un lotto originariamente dedicato ad orto, quindi con caratteristiche ottimali, ora in stato di abbandono, vivificandolo con bambine e bambini, famiglie, ragazze e ragazzi, con un sacco di progetti sociali ed inclusivi che ne avrebbero fatto un punto di riferimento per tutta la città. Un po’ lo siamo diventati lo stesso, ma davvero a condizioni per noi sempre più critiche, ora arrivate al punto di collasso”.
Quale sia, il punto di collasso, è presto detto: i Bulldog sono stati gentilmente “allontanati” anche dallo Sporting Milano 26, l’impianto principalmente utilizzato pur tra i mille vincoli imposti. Lavori di manutenzione improrogabili, con l’incognita che alla riapertura quegli spazi siano ancora disponibili: “Ormai le nostre esigenze sono ampiamente cambiate dopo 11 anni di attività, per nostra fortuna, in costante crescita. Metà dei nostri tesserati sono nel settore minirugby, i progetti inclusivi sono ormai sempre più accreditati (servizio con il Tribunale dei Minori, attività doposcuola, referenti UISP, Save the Children, Futuro Prossimo, centri estivi, supporto psicomotricità con psico-pedagogista), le ragazze sono sempre di più… Insomma, la nostra è ora una realtà importante, che ha davvero bisogno di una casa definitiva. Il Comune in più riprese ci aveva garantito l’affidamento di quel terreno, poi però per una serie di vicissitudini la cosa non si è mai concretizzata: burocrazia, ripensamenti, valutazioni diverse… e noi in mezzo, ad attendere una bella notizia che non arrivava mai”.
La Federazione, per parte sua, non si era tirata indietro: “Anzi, ci hanno supportato a più riprese, la Commissione Impianti ha comunicato formalmente l’interesse sul progetto, e nel caso partisse sappiamo di poter contare su un aiuto concreto, coerentemente con la missione di favorire lo sviluppo del nostro sport soprattutto in zone complicate come la nostra”.
Il rischio, di fronte a questa montagna di problemi, è quello di perdere le energie e rinunciare al sogno: “Io e le persone che mi aiutano più da vicino siamo davvero stanchi, e mai come questa volta non vediamo la luce in fondo al tunnel”, conclude Pistidda molto preoccupato. “Dove andremo da settembre? Cosa possiamo prospettare a giocatori e famiglie? Il Sindaco ci ha garantito la sua vicinanza, ma quanto sta accadendo è troppo duro da sopportare. Vorrei solo svegliarmi un giorno e scoprire che quello che mi capita spesso di sognare diventi realtà, e non di certo per una soddisfazione personale, ma per loro, per chi ha deciso di darci fiducia in tutti questi anni”.
Il momento di quel risveglio, forse, è arrivato assieme al caldo pazzzesco di questa rovente estate 2022: la procedura di affidamento del tanto atteso impianto comunale ha subito una grande accelerata proprio nelle ultime settimane, e pare essere seriamente in dirittura di arrivo...